Divieto di detenzione armi confermato anche se il reato è estinto.

La sopravvenuta estinzione del reato non preclude all’Amministrazione il potere di valutare i fatti commessi ai fini del giudizio sull’inaffidabilità del soggetto.

A cura dell’Avv. G.Pitrone

Il Consiglio di Stato, Sez.III, con sentenza n. 724 del 20/01/2023, torna a pronunciarsi sulla legittimità di un provvedimento di divieto di detenzione armi, munizioni e materie esplodenti emanato dalla Prefettura ai sensi dell’art. 39, R.D. n. 773 del 1931 (TULPS).

La vicenda in breve

Nel 2012 la Prefettura di Reggio Calabria aveva imposto il suddetto divieto ad un soggetto arrestato in flagranza per il reato di fuga a seguito di incidente stradale con danni e omissione di soccorso.

Nel 2018, con due diverse istanze indirizzate alla Prefettura emittente, il destinatario del provvedimento di divieto ex art. 39 TULPS ha chiesto il riesame in autotutela.

Entrambe le istanze sono state respinte e motivate sulla scorta della presenza di un ulteriore procedimento penale a carico dell’interessato per il delitto di violenza privata ex art. 610 c.p. e delle relative ulteriori valutazioni di carattere negativo espresse dagli Organi di polizia allo scopo interpellati.

Avverso i menzionati provvedimenti di diniego l’interessato ha proposto ricorso per l’annullamento avanti al T.A.R. Calabria ritenendo che l’amministrazione avrebbe desunto “l’inaffidabilità del soggetto all’uso delle armi dalla condanna patteggiata” per un reato risalente nel tempo e dichiarato estinto alla fine del 2017, e da “un ulteriore episodio di violenza privata mai giudizialmente accertato, stante l’intervenuta prescrizione del reato”.

Il T.A.R. Calabria ha respinto il ricorso, escludendo i dedotti vizi di difetto di istruttoria e carenza di motivazione.

L’appello e il ragionamento del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha dichiarato l’appello infondato.

In materia di diniego del porto d’armi e di divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplodenti, il Legislatore affida all’Autorità di pubblica sicurezza la formulazione di un giudizio prognostico in ordine alla possibilità di abuso delle armi, da svolgersi con riguardo alla condotta e all’affidamento che il soggetto richiedente/detentore può assicurare.

E’ sempre bene ricordare che:

  • la giurisprudenza costituzionale consolidata è unanime nell’affermare che il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto del cittadino, bensì una eccezione al normale divieto sancito dall’art. 699 c.p. e dall’art. 4, comma 1, della l. 110/1975.
  • Tale eccezione può essere riconosciuta solo a fronte dell’accertamento, da parte dell’Autorità di pubblica sicurezza, della completa e totale affidabilità del soggetto richiedente circa l’uso delle armi in suo possesso.

Il Consiglio di Stato conferma che l’apprezzamento discrezionale rimesso all’Amministrazione deve essere desunto da elementi non meramente immaginari o aleatori.

Il ragionamento induttivo di tipo probabilistico circa il pericolo di abuso delle armi, tuttavia, non richiede diattingere a un livello di certezza “oltre ogni ragionevole dubbio”, tipico dell’accertamento finalizzato a riconoscere la responsabilità penale, ma implica la formulazione di una prognosi caratterizzata da un attendibile grado di verosimiglianza, tale da far ritenere “più probabile che non” il supposto pericolo di abuso delle armi.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato, sul punto, è costante, e conferma la circostanza che il solo giudizio di inaffidabilità nell’uso delle armi è idoneo a giustificare il ritiro della licenza e delle stesse, senza che occorra dimostrarne l’avvenuto abuso (ex multis, Cons.St., sez.III, n.1814/2017).

Nella vicenda de qua, secondo il Giudice l’Amministrazione ha correttamente valorizzato i precedenti penali del soggetto appellante, giudicandolo inaffidabile e quindi non idoneo alla detenzione di armi o munizioni.

Il patteggiamento e l’estinzione dei primi reati

In primo luogo, i reati di fuga a seguito di incidente stradale con danni alle persone e omissione di soccorso, per i quali il soggetto patteggiò una condanna, sono, secondo il Consiglio di Stato, indicativi “di una mancanza di senso di responsabilità e/o dominio di sé, elementi indispensabili per un corretto uso delle armi”

Né è di qualche importanza la sopravvenuta estinzione del reato, dato che la stessa non elide sul piano storico e fattuale i comportamenti ritenuti rilevanti ai fini della valutazione di affidabilità in relazione alla condotta di vita e all’assenza di pericolo di abuso (ex multis, Cons. St. sez.III, n.7657/2022).

L’Autorità di pubblica sicurezza può valorizzare, nella loro oggettività, sia fatti di reato, sia mere denunce- querele, sia vicende e situazioni personali che non assumono alcuna rilevanza penale.

Il giudizio di “non affidabilità” del soggetto in tema di licenze di polizia è giustificabile dunque anche in situazioni che non hanno dato luogo a vere e proprie condanne penali (o misure di pubblica sicurezza), ma solo a situazioni genericamente non ascrivibili a “buona condotta”.

L’estinzione per prescrizione del secondo procedimento penale

Circa il procedimento penale per violenza privata ex art. 610 c.p. a carico dell’appellante, dichiarato prescritto nel 2019, il Consiglio di Stato ha osservato che:

  • in base a quanto previsto dall’art. 129 c.p.p., qualora fosse risultata evidente una causa di assoluzione nel merito il giudice penale non avrebbe potuto dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, ma ciò non è avvenuto dato che – di contro – le emergenze processuali erano indirizzate verso una conferma dell’ipotesi accusatoria sia per la sussistenza dei fatti, sia per la loro ascrivibilità all’imputato (ovvero l’appellante nel giudizio amministrativo di cui si tratta);
  • pertanto appare tutt’altro che illogica né sproporzionata la valorizzazione di tale precedente da parte della Prefettura di Reggio Calabria ai fini della formulazione del giudizio di inaffidabilità dell’istante circa l’utilizzo delle armi.

Conclusioni

L’indole manifestata dall’appellante nei precedenti sopra citati, dunque, ha consentito di ritenere assolutamente ragionevole la scelta dell’Amministrazione di negargli la possibilità di detenere armi, a nulla valendo il trascorrere del tempo dalle diverse vicende cui si rese protagonista e l’estinzione dei reati allo stesso ascritti.